BATTERIA FIAMM LUNGHISSIMA AUTONOMIA PER ABBACCHIATORE O SCUOTITORE OLIVE

La casa della batteria Snc di Formica Antonio & C.

L'olivo o ulivo (Olea europaea L.) è una pianta da frutto. Originario del Vicino Oriente, è utilizzato fin dall'antichità per l'alimentazione. I suoi frutti, le olive, sono impiegate per l'estrazione dell'olio e, in misura minore, per l'impiego diretto nell'alimentazione. A causa del sapore amaro dovuto al contenuto in polifenoli, l'uso delle olive come frutti nell'alimentazione richiede però trattamenti specifici finalizzati alla deamaricazione (riduzione dei principi amari), realizzata con metodi vari. Un metodo casalingo utilizza una miscela di acqua e soda.
I nomi olivo e ulivo derivano dal latino olīvum, da un'ablativo olīvī, olīvō di oleum, a sua volta dal greco arcaico ἔλαιϝον élaiwon, classico ἔλαιον élaion;
L’ulivo vuole clima mite, soffre il freddo invernale e non sopporta temperature al di sotto dei 5-6 gradi sottozero.
Si adatta bene a tutti i terreni, cresce meno bene in quelli molto umidi e argillosi. Predilige i terreni asciutti e resiste bene alla siccità estiva. In condizioni di umidità favorevoli le olive raggiungono il completo sviluppo a settembre. Eventuali piogge tardive (da fine settembre a ottobre) dopo una forte siccità estiva possono in pochi giorni far aumentare le dimensioni delle olive in modo considerevole, tuttavia la resa in olio sarà bassissima perché l'oliva accumula soprattutto acqua.


Come si coltiva

Le piantine al momento del trapianto si presentano già come piccoli alberelli, dal diametro di circa 5 centimetri ed hanno 7 o 8 anni di età. Lo scasso del terreno può essere totale, a fosse o a buche secondo le distanze del piantamento. La concimazione del terreno è a base di concime organico. Il collocamento a dimora può avvenire in autunno o in primavera secondo che nelle regioni, l’inverno sia più o meno mite. La potatura di produzione deve limitarsi a pochi tagli tendenti a conservare la forma della chioma e da regolare la fruttificazione. A potature molto spinte l’ulivo reagisce con una maggiore produzione di rami. Con la potatura si tende quindi a dare all’ulivo delle forme obbligate che rendono più agevole la raccolta. Vi sono diversi sistemi per la raccolta delle olive: la brucatura (raccolta a mano), la scuotitura (scuotendo i rami), l’abbacchiatura (battendo i rami con un bastone), la raccattatura (raccogliendole da terra). Nella raccolta a mano ci si può aiutare con appositi pettini che facilitano il lavoro. Poi ci sono sistemi meccanici come l’abbacchiatore ossia la scuotitura meccanica degli ulivi, mediante macchine costituite da un robusto braccio metallico che scuote energicamente . Le olive cadono su teli di plastica precedentemente stesi e vengono facilmente raccolte. L’epoca della raccolta va da novembre a gennaio. Da ottobre a dicembre, secondo la varietà, ha luogo l'invaiatura, cioè il cambiamento di colore, che indica la completa maturazione. L'invaiatura è più o meno scalare sia nell'ambito della stessa pianta sia da pianta a pianta. All'invaiatura l'oliva cessa di accumulare olio e si raggiunge la massima resa in olio per ettaro.
Dopo l'invaiatura le olive persistono sulla pianta. Se non raccolte vanno incontro ad una cascola più o meno intensa ma differita nel tempo fino alla primavera successiva. In questo periodo la resa in olio tende ad aumentare in termini relativi: il tenore in olio aumenta perché le olive vanno incontro ad una progressiva perdita d'acqua. In realtà la resa in olio assoluta (in altri termini riferita all'unità di superficie) diminuisce progressivamente dopo l'invaiatura perché una parte della produzione si perde a causa della cascola e degli attacchi da parte di parassiti e fitofagi.

L’olivo in Campania rappresenta un elemento caratterizzante sia del paesaggio che dell’economia di vaste aree della regione, alcune di eccezionale bellezza.
Molti olivicoltori campani mostrano, con giustificato orgoglio, piante maestose di centinaia di anni di età. Questi olivi secolari, spesso chiamati con nomi collegati alle tradizioni locali, rappresentano un patrimonio anche culturale e storico.
La filiera olivicola rappresenta, nell’ambito dell’economia regionale, uno dei segmenti più importanti, non solo per il numero di operatori occupati e per l’indotto economico che movimenta, ma anche per l’entità delle superfici interessate, per i suoi rapporti, strettissimi, con il paesaggio e la difesa del suolo, e per l’inscindibile legame che ha con la storia, la tradizione e la cultura regionale.


Una storia antichissima

In Campania l’introduzione della coltivazione dell’olivo è datata millenni. L’opera di diffusione più cospicua di questa pianta è attribuita ai fenici e ai greci, che la portarono in tutti i territori colonizzati, e non solo per la produzione di olio a scopo alimentare, ma anche per ricavarne unguenti e profumi ad uso “estetico”, o per essere bruciato in omaggio alle divinità; tradizione, quest’ultima, ancora praticata a Napoli con il dono annuale di olio extra vergine di oliva alla lampada perpetua di San Gennaro, patrono della città.
Il livello di attenzione in Campania per l’olivo e l’olio fin dall’epoca romana è documentato dai mirabili affreschi rinvenuti nelle ville di Pompei, in cui le scene riguardanti l’olivicoltura sono numerose, come sono numerosi gli esemplari di frantoi romani a vite rinvenuti in varie zone della regione, e i numerosissimi doli, grandi anfore in terracotta, che interrati in cantine, venivano utilizzati per la conservazione degli oli e dei vini. Ancora più remota è la presenza dell’olivo in Penisola Sorrentina, dove il Capo Minerva, l’attuale Punta Campanella, era consacrato al culto della dea della Sapienza, ritenuta dagli antichi inventrice delle olive e dell’olio, come ci viene riferito da Virgilio.
“La dea Atena e il dio Poseidone intrapresero una gara per stabilire a quale dei due sarebbe stata dedicata la capitale della Grecia: chi dei due avrebbe fatto il dono più utile alla città avrebbe vinto la gara. La dea Atena donò l’ulivo vincendo la gara e divenendo protettrice della città di Atene a lei dedicata.”
Nel Cilento, in provincia di Salerno, recenti ricerche archeo-botaniche hanno documentato la presenza dell’olivo gia nel VI secolo a.C.; la tradizione vuole che le prime piante fossero introdotte dai Focesi. L’olivo era certamente presente tra i templi di Paestum e le rovine di Velia.

Una realtà in crescita, ma ancora difficile

In Campania la superficie complessiva coltivata ad olivo interessa circa 70.000 ettari e si colloca al sesto posto tra le regioni italiane per superficie olivetata, pari al 5,9% della superficie olivetata nazionale.
Fruiscono del riconoscimento comunitario della Dop (Denominazione di origine protetta) tre oli extra vergini di oliva (Colline Salernitane, Cilento e Penisola Sorrentina) (Reg. CE 1065/97, G.U.C.E. del 13/06/97 n. 156) e per altri (Sannio Caudino-Telesino, Irpinia e Colline Beneventane) (ai sensi del Reg. CEE 2081/92) sono in corso procedure di riconoscimento. A garanzia del consumatore tutti gli oli Dop della Campania sono sottoposti al controllo dell’Ismecert (Istituto Mediterraneo di Certificazione dei prodotti e dei processi del settore agroalimentare), organismo indipendente dal mondo della produzione ed autorizzato dal Ministero per le Politiche Agricole e Forestali.

Le principali varietà

Il vero punto di forza dell’olivicoltura campana è il patrimonio varietale estremamente ricco e diversificato. Ad oggi sono state descritte e catalogate oltre 60 varietà autoctone attualmente coltivate e tramandate da secoli. Nell’avellinese quelle maggiormente diffuse sono: Ogliarola e Ravece .

Ogliarola
E’ la varietà più diffusa in provincia di Avellino, conosciuta in altre zone della Campania come Ogliara o Sozza. Il nome deriva probabilmente dalle sua spiccata attitudine a produrre olio. La vigoria è medio-bassa, il portamento assurgente con rami fruttiferi penduli, la produzione è costante ed elevata. Buona anche la qualità dell’olio, con una resa pari al 20%. E’ ritenuta autoincompatibile e non alterna; inoltre, è sensibile agli attacchi di mosca, resiste alla rogna e all’occhio di pavone e sopporta abbastanza bene le basse temperature.

Ravece
La presenza di questa varietà è documentata fin dagli inizi del ’500.
E’ nota anche come Curatone e Olivona. Nonostante abbia una resa piuttosto bassa, dal 15 al 16%, è molto apprezzata per la produttività, che è costante, ma soprattutto per la qualità dell’olio; la varietà fornisce, infatti, oli dal fruttato intenso, con un’armonica presenza della carica amara e piccante. Caratteristica peculiare è l’aroma erbaceo con note di pomodoro verde, a volte anche di carciofo, percepite soprattutto negli oli ottenuti da olive raccolte precocemente .
La pianta è di media vigoria ed ha portamento assurgente; è ritenuta autoincompatibile ed è sensibile agli attacchi di mosca e alle basse temperature; al contrario è poco sensibile alla rogna e resiste all’occhio di pavone.




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