Dolcetta “Dalle batterie all’energia le seconda vita di Fiamm”

La casa della batteria Snc di Formica Antonio & C.


L’ad: ”Abbiamo investito 100 milioni nello stoccaggio in Svizzera
e nell’illuminazione in Francia. Adesso vogliamo fare il salto di qualità”

L’automotive resta il core business ma la domanda chiama altrove: sono lo stoccaggio dell’energia e l’illuminazione Oled le nuove frontiere di Fiamm. Due settori dove l’azienda ha recentemente investito oltre 100 milioni grazie ai due stabilimenti in Svizzera (storange energy) e Francia, a Tolone, per lo sviluppo del marchio Blackbody. Ma il futuro guarda anche alla successione aziendale. Dal 1942 la Spa di Montecchio, che da oltre 60 anni avvia le nostre automobili, è nelle mani della famiglia Dolcetta. E, giunta alla terza generazione, l’ad Stefano Dolcetta ragiona con franchezza: «Considero finito un primo ciclo, quello in cui i soci hanno investito con molta temerarietà capitali per salvare l’azienda e ci è andata bene. Ora che abbiamo messo in sicurezza l’impresa, rafforzando i business storici e riportandoli a reddito, si fa avanti una nuova azienda con un portafoglio prodotti molto interessante che sta creando valore». «Per questo - aggiunge - è il momento di fare un esame preciso e valutare un secondo step. E non è detto che tutti i soci restino con le stesse quote, qualcuno potrebbe voler capitalizzare il suo investimento».

Presidente, quali scenari si potrebbero aprire se ciò accadesse?
«Oggi i soci stanno aumentando di numero con l’arrivo delle nuove generazioni: la famiglia si è allargata e va superato l’aspetto familiare. Abbiamo un piano industriale molto spinto, puntiamo all’ampliamento in Cina e Usa dove vogliamo crescere. Ma uno dei grandi problemi di oggi, è che i mercati richiedono investimenti elevati e le famiglie non possono più farvi fronte».

Significa apertura del capitale a terzi?
«In passato si è sempre ricorso al debito bancario ma oggi le risorse bancarie sono sempre più difficili e costose. Bisogna avere un approccio diverso: si può aprire il capitale a terzi, se non si vuole andare in Borsa. Oggi serve maggiore apertura da parte degli imprenditori. Un passo indietro, insomma - se non ci sono più le forze - ma con attenzione al controllo di gestione».

Anche Fiamm ha alle spalle una storia di divisioni familiari. Talvolta il limite del capitalismo è la famiglia stessa, specie nel passaggio di testimone. Nel vostro caso?
«Ogni famiglia ha la sua storia. Un’azienda non può che nascere da un imprenditore che la crea e, se è capace, la sviluppa. Poi, alla fine della sua vita, deve decidere cosa fare; può succedere che ci siano dei figli capaci ma non si diventa imprenditori per eredità. E oggi non è scontato che un figlio sia in grado di gestire l’azienda. Il problema successione esiste ed è difficile da superare. Spesso il padre insegna ai figli il lavoro e li fa crescere con lui in azienda. Ma la strada che bisogna intraprendere è quella della managerializzazione, delegando funzioni anche importanti. Solo scegliendo i migliori si garantisce un futuro».

Lei da chi ha imparato?
«Da mio zio Francesco, soprattutto; è stata una persona eccezionale e tutto quello che so, lo devo a lui e ai suoi valori».

La sua storia in Fiamm inizia nel 1974 ma si chiude nel 1998 per poi riaprirsi nel 2007. Nel frattempo ha fondato anche una sua ‘personale’ azienda, ancora operativa.
«Sì, sono uscito nel ’98 e rientrato nel 2007 liquidando i figli di Francesco e Antonio, gli altri due fratelli di mio padre Giovanni. Sono rientrato con la mia famiglia e con Alessandro, mio cugino, e il dr. Zanetti amico e socio. Nel frattempo ho aperto un’attività distributiva che è cresciuta e si è consolidata. Dicra si occupa della vendita e distribuzione di componenti per auto in Italia e all’estero. Avevamo avviato anche un business nell’elettronica di consumo ma di recente abbiamo deciso di concentrarci solo nell’automotive».

Come si è evoluto il mercato dell’auto in oltre 60 anni di attività?
«L’azienda è nata nel 1936 con Giacomo Pellizzari: si chiamava Elettra e faceva batterie per uso industriale. Mio nonno Giulio entrò nel ’39 e nel ’42 rilevò l’azienda. Finita la guerra, Fiamm (Fabbrica Italiana Accumulatori Motocarri Montecchio, ndr) con mio padre Giovanni seguì il boom italiano. L’automobile divenne bene di massa e siamo stati trascinati dalla crescita. Negli anni ’50 abbiamo prodotto le prime trombe. Poi sono nate le batterie per le centrali telefoniche e i carrelli elevatori nei magazzini. Oggi il nostro core business resta l’automotive dove le vendite dirette alle case auto (BMW, Fiat-Chrysler, Ford, Mercedes, GM-Opel, PSA, Renault-Nissan, Toyota, Volkswagen, Jaguar, Ferrari, Maserati) rappresentano il 30% del fatturato. Ma molto è cambiato».

Come e quanto?
«Siamo cambiati noi: siamo cresciuti e ci siamo internazionalizzati. Oggi l’Italia è solo il 25% del nostro fatturato, il 50% lo facciamo in Europa e il resto tra Usa e Cina. Contiamo 12 stabilimenti, 10 dedicati al business classico che non contempla più i carrelli che abbiamo ceduto 10 anni fa».

Quanto alla diversificazione, invece?
«Abbiamo aperto in Svizzera uno stabilimento per le batterie sodio-nichel per la mobilità elettrica e per gli impianti di back up telefonico e le ferrovie. Stiamo puntando molto sul mercato dell’energy storage che nel mondo vale oggi 400 milioni di euro ma nel 2019 è stimato salire a 5 miliardi nel 2023 è valutato 15 miliardi. Un mercato importante dove siamo entrati per primi con una tecnologia vincente».

Quanto vale sul totale fatturato l’energy storage oggi?
«Il gruppo ha chiuso il 2013 a 550 milioni con una previsione per il 2014 di salire a 600 milioni. L’energy storage è in fase iniziale ma prevediamo ricavi per 30 milioni nel 2014 contro i 18 del 2013. Erano una decina nel 2012».

L a seconda scommessa in terra francese?
«E’ una start up a per lo sviluppo della tecnologia Oled. Si tratta di piastre sottili che producono una luce calda e diffusa, consumando poca energia. E’ un’attività che segue mio cugino Alessandro, con molti brevetti che ci proteggono. Serve all’illuminazione pubblica ma stiamo sviluppando anche tutta la parte design per negozi e case. Poi c’è n’è un’altra molto interessante destinata al settore auto per fari posteriori e l’illuminazione interna. Il mercato è grande: ci stiamo concentrando sulle nicchie a maggiore remunerazione».

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